Ieri ricorreva il 155mo anniversario della proclamazione del Regno d’Italia. Quasi nessuno se ne è ricordato. Ed è un bene in sé. Ma non motivo di rallegramento, visto gli esiti verso cui gli epigoni odierni dei protagonisti di allora stanno precipitando la nostra povera Italia.
di Massimo Viglione
«Così si perviene al 20 settembre 1870: forse il più piccolo fatto d’armi del Risorgimento; certamente il più grande avvenimento della civiltà umana. Risorgimento: opera della Massoneria! XX Settembre: gloria della Massoneria»[1].
Uno dei nodi storici cruciali della storia del Risorgimento – ancor oggi forse il meno trattato e approfondito in assoluto, forse proprio perché sentito come il più “scomodo” – è quello dei legami della Rivoluzione Italiana con la Massoneria e le società segrete massoniche o “massonizzanti”. Più di uno storico ha dedicato un intero studio al problema: alcuni tendono a sminuire il ruolo della Massoneria, fino alla negazione di esso, altri invece riconoscono la netta influenza della sua opera. Del resto, è universalmente noto il legame fra le istanze massoniche e la diffusione dell’Illuminismo e quindi della affermazione Rivoluzione Francese, a sua volta ispiratrice ideale e concreta del movimento risorgimentale italiano (come universalmente noto, anche colui che portò la Rivoluzione in Italia era massone, come la sua politica anticattolica inconfutabilmente testimonia).
Gli stessi Papi del XVIII e XIX secolo non hanno mai smesso di condannare la Massoneria come ispiratrice della guerra alla Chiesa Cattolica e del Risorgimento stesso[2], il quale trova le sue radici “occulte” nel settarismo[3] gnostico[4] dei primi decenni del secolo: la Carboneria[5], la Giovine Italia, ecc., erano o direttamente filiazioni massoniche o comunque “massonizzanti”.
E massoni erano i giacobini italiani che propagavano la Rivoluzione e accolsero in festa l’invasore napolenico. È proprio negli anni 1792-1795 che avviene la nascita del primo partito politico in Italia, il partito democratico, mentre le varie logge massoniche si trasformavano appunto in circoli giacobini; e massone era uno dei più noti cospiratori di quei giorni, quel Filippo Buonarroti, coinvolto nella comunistica Congiura degli Uguali di Babeuf e poi organizzatore infaticabile di società segrete negli anni della Restaurazione. Scrive infatti Walter Maturi:
«l’importanza politica della Massoneria, non molto appariscente nell’epoca delle riforme, appare ben chiara quando scoppia la Rivoluzione Francese. L’organizzazione massonica fu in Italia il punto d’appoggio, la base della propaganda rivoluzionaria condotta dagli agenti francesi presso i vari stati della penisola (…) Il primo effetto di questa propaganda fu la trasformazione delle logge massoniche in circoli o clubs giacobini…»[6].
E massoni o massonizzanti sono la gran parte dei protagonisti della Rivoluzione Italiana, a partire dagli esponenti della setta della Carboneria. Scrive lo storico Oreste Dito a riguardo[7]:
«Né d’altra parte fra le due Associazioni era diversità di intenti, pur essendovi nei mezzi. È falso ch’esse rappresentassero due forze rivali, anche se talvolta non corresse buon sangue tra massoni e carbonari (…) Del resto, se un’apparente rivalità sembrò esistere tra le due sétte, a’ tempi murattiani, non pochi tra’ più eminenti personaggi del tempo rivestivano la doppia qualità di massone e di carbonaro. Ogni fratello massone veniva ammesso nella Società Carbonarica col solo voto, senza essere sottoposto a tutte le prove richieste pei candidati ordinari; né era possibile essere iniziato agli alti gradi carbonarici senza aver prima ottenuti alcuni indispensabili in Massoneria. Le differenze che a prima vista saltano agli occhi di ognuno sono semplicemente apparenti (…) La Massoneria è fine; la Carboneria fu uno dei metodi per raggiungerlo (…) Nella storia del Risorgimento Italiano la Carboneria rappresentò la prima fase di esso (…) La Massoneria, invece, continua tuttavia ad esistere, in Italia e dappertutto». In pratica, Dito definisce la Carboneria «una Massoneria trasportata dal campo dell’idea in quello dell’azione, dall’idea astratta all’idea concreta, dall’enunciazione dottrinaria di un principio all’attuazione».
Cosa fu esattamente la Carboneria, e qual è l’importanza del suo ruolo nella storia della Rivoluzione Italiana? Come nel caso degli Illuminati di Baviera, siamo informati sulle attività cospiratorie della Carboneria, e in particolare del livello più elevato di essa, l’Alta Vendita, in quanto il 20 maggio 1846, poco prima della morte, Gregorio XVI consegnò a Jacques Crétineau-Joly, lo storico della Controrivoluzione vandeana e della Compagnia di Gesù, tutti i documenti (sequestrati negli anni dalla Polizia pontificia) necessari per scrivere una Storia delle società segrete; lo storico francese non la scrisse mai, ma pubblicò la celebre opera L’Eglise romaine en face de la Révolution. I documenti dell’alta Vendita sono stati successivamente riprodotti da mons. Delassus nell’altrettanto nota opera Il problema dell’ora presente, e in particolare le Istruzioni e la corrispondenza[8]. L’alta Vendita era composta da 40 membri che si nascondevano dietro pseudonimi, ed era diretta fin dal 3 aprile 1824 da un aristocratico italiano, “Nubius”, che, grazie alla sua posizione, aveva accesso presso alti prelati in Vaticano e aveva posto suoi agenti nelle Cancellerie europee.
Qual’era lo scopo dell’Alta Vendita? I suoi capi avevano tracciato un piano ancora più audace di quelli perpetrati per la Rivoluzione Francese. Dovendo agire in Italia, vale a dire contro il cuore stesso del nemico, il Papato, essi avevano compreso che qui le ghigliottine non servivano (lo stesso Napoleone aveva fallito con tutti i suoi eserciti); così essi prepararono e perpetrarono il grande piano: «Giungere con piccoli mezzi ben graduati, benché mai definiti, al trionfo dell’idea rivoluzionaria per mezzo del Papa»[9].
Troviamo infatti scritto nell’Istruzione permanente data ai membri della setta nel 1817: «Il nostro scopo finale è quello di Voltaire e della Rivoluzione francese: l’annientamento per sempre del cattolicesimo ed ancora dell’idea cristiana, che se resta in piedi sulle rovine di Roma ne avrebbe perpetuazione»[10]. Ma per ottenere ciò, prosegue lo scritto, occorre non attaccare frontalmente la Chiesa, in quanto in tal maniera essa ha sempre vinto, anche contro i suoi peggiori e più forti nemici; occorre invece conquistare il Papa e la Gerarchia, ma non nel senso di un Papa “settario”, in quanto ciò è ridicolo, o di un Papa corrotto come Alessandro VI, in quanto anche questi «non ha mai errato in materia religiosa»; occorre invece un Papa complice, come Clemente XIV, che per paura si diede mani e piedi ai Borboni e ai philosophes. Si trattava insomma di corrompere ideologicamente i giovani sacerdoti, perché un giorno alcuni di loro sarebbero divenuti vescovi, e poi, un giorno, fra questi vescovi sarebbe uscito un Papa! E il Papa, nella Chiesa, può tutto. Anche provocarne la distruzione, secondo i loro piani. Troviamo infatti scritto nell’Istruzione:
«Il lavoro al quale noi ci accingiamo non è l’opera di un giorno, né di un mese, né di un anno. Può durare molti anni, forse un secolo: ma nelle nostre file, il soldato muore, ma la guerra continua (…) Quello che noi dobbiamo cercare ed aspettare come gli ebrei aspettano il Messia, si è un Papa secondo i nostri bisogni (…) Con questo solo noi andremo più sicuramente all’assalto della Chiesa, che non con gli opuscoletti dei nostri fratelli di Francia e coll’oro stesso dell’Inghilterra. E volete sapere il perché? Perché con questo solo, per stritolare lo scoglio sopra cui Dio ha fabbricato la sua Chiesa, noi non abbiamo più bisogno dell’aceto di Annibale, né della polvere da cannone e nemmeno delle nostre braccia. Noi abbiano il dito mignolo del successore di Pietro ingaggiato nel complotto, e questo dito mignolo val per questa crociata tutti gli Urbani II e tutti i San Bernardi della Cristianità»[11].
Da queste impressionanti parole non può non ricavarsi il legame con l’opera – fondamentale per tutta la storia del Risorgimento italiano – di Vincenzo Gioberti, Il Primato morale e civile degli Italiani, edito a Bruxelles nel 1843, con cui l’ambiguo prete prepara quel movimento neoguelfo destinato ad attrarre i cattolici moderati e liberali verso la Rivoluzione Italiana, e destinato, soprattutto, a creare le condizioni per l’elezione del Papa desiderato…[12].
Come si può notare, la Carboneria e l’Alta Vendita, hanno come scopo supremo quello di portare la Rivoluzione in Italia per distruggere il nemico per eccellenza della Massoneria e della Rivoluzione, ma non attaccandolo dall’esterno (es.: persecuzioni pagane, eresie medievali, guerre protestanti, e, soprattutto, Rivoluzione Francese e Napoleone), ma dall’interno, come un tumore che eroda la Chiesa stessa avvelenandola[13]. Da questo momento iniziò quindi la regolare e metodica penetrazione delle file massoniche nel clero cattolico. E in tal maniera, si potrebbe dire, iniziò la “Questione Romana”, vale a dire la guerra alla Chiesa Cattolica[14], scopo portante della Rivoluzione Italiana.
Superfluo notare come tale piano sia pienamente riuscito in questi 150 anni, fino ad arrivare a infettare le più alte gerarchie ecclesiastiche. I frutti di tale tumore infernale nella Chiesa – nella sua parte umana ovviamente – li possiamo verificare quotidianamente e in maniera ogni giorno più devastante.
Tornando al nostro minimale excursus sul ruolo della Massoneria nel Risorgimento, sarà utile un piccolo elenco di alcuni fra i principali protagonisti di quei giorni notoriamente affiliati alla setta “madre”[15].
Garibaldi fu iniziato nella loggia irregolare Asilo della Virtù nel 1844 a Montevideo; poco dopo si affiliò alla loggia regolare Gli amici della Patria: fece quindi una grande carriera fino alla nomina di Gran Maestro onorario a vita del Grande Oriente d’Italia nel 1872. Massone era Türr, suo braccio destro per tutta la campagna del Sud, Maestro venerabile della Loggia Mattia Corvino di Budapest e amico di Vittorio Emanuele II. Massone era G.B. Fauché, procuratore della Rubattino, che concesse i vapori a Garibaldi, affiliato alla Loggia Trionfo Ligure di Genova. Altro sostegno venne dalla celebre loggia Ausonia di Torino, fondata l’8 ottobre 1859 e che il 20 dicembre si costituì in Grand’Oriente d’Italia e aveva come programma l’unità d’Italia sotto Vittorio Emanuele II. Cavour stesso venne definito «personaggio non estraneo ai nostri misteri» ed era già stato prescelto a divenire il Gran Maestro dell’Oriente d’Italia, se la morte non lo avesse colto d’improvviso nel giugno del 1861. Ma come è noto, il governo piemontese agì soprattutto tramite la Società Nazionale, fondata da Giuseppe La Farina, iniziato il 9 maggio 1860 nella Ausonia. Poi vi sono i massoni tendenziali e futuri massoni. Fra questi ricordiamo Agostino Bertani, Adriano Lemmi (futuro Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia), Agostino De Pretis, Francesco Crispi, Giosué Carducci, Antonio Mordini (il mediatore fra Garibaldi e il gruppo bancario Adami-Lemmi, finanziatore dell’impresa). E poi è da ricordare il sostegno ricevuto per la spedizione dei Mille dalla Massoneria americana[16] e soprattutto da quella inglese[17], che fornì l’incredibile cifra di 3 milioni di franchi francesi (circa 30 milioni di dollari al 1990) a Garibaldi a Genova per la spedizione, custoditi da Ippolito Nievo[18]. Da ricordare nell’elenco poi sono personaggi come Bixio, Mameli, Pellico, Maroncelli, Pisacane, Nigra, Mario, Lanza, Cairoli, Di Rudinì, Zanardelli, Fortis oltre a Mazzini ovviamente, e poi gli stessi Napoleone III, Palmerston e Bismarck[19].
Come si può notare, riesce alquanto difficile continuare a sostenere l’estraneità della Massoneria dalla Rivoluzione Italiana. Sembra alquanto più sensato affermare esattamente il contrario: fu essa ad ispirare e a guidare (naturalmente verso i suoi scopi precisi) il processo risorgimentale nazionale, dagli albori alla conclusione, passando per il fondamentale periodo formativo delle sètte e della Carboneria.
Il Risorgimento, o Rivoluzione Italiana, è a tutti gli effetti, parte integrante di quel processo storico anticristiano che prende il nome di “Rivoluzione”; anzi, ne costituisce, proprio per la sua guerra alla Roma cattolica, un momento essenziale e unico, come ripeteva enfaticamente la citazione massonica riportata all’inizio del paragrafo, e come troviamo ufficialmente e pubblicamente dichiarato nel Bollettino Officiale del Grande Oriente Italiano, organo ufficiale della Massoneria nazionale e praticamente “fratello”, a quei tempi, della stessa Gazzetta Ufficiale del Regno:
«il mondo testé respirava, vedendo l’Italia preparata a schiacciare il Pontificato romano; esso pensava che, se al prete mancava l’Italia suo antico presidio, il prete era perduto per sempre. Così le nostre battaglie contro Roma erano battaglie per la civiltà e per l’umanità intera (…) Le nazioni riconoscevano nell’Italia il diritto di esistere come nazione in quanto che le affidavano l’altissimo ufficio di liberarle dal giogo di Roma cattolica. Non si tratta di forme di governo, non si tratta di maggior larghezza di libertà; si tratta appunto del fine che la massoneria si propone; al quale da secoli lavora, a traverso ogni genere di ostacoli e di pericoli»[20].
Lo scopo di tutto questo? Sostituire alla religione e alla Chiesa Cattolica una nuova religione: la religione della patria risorgimentale, nuovo culto del popolo italiano (facente parte del culto generale dell’Umanità: l’Uomo è il nuovo dio, gli uomini si costituiscono in popoli, i quali formano l’Umanità). Significative anche sulle seguenti parole di uno dei più noti ed osannati esponenti dell’“intellighentia” risorgimentale: «Roma, la nemica Roma, l’antica cagione di tutti i mali d’Italia, non istà sul Tevere, ma qui nelle nostre coscienze e qui dobbiamo combatterla (…) Ogni prete val mille stranieri (…) Italia nuova e cattolicesimo vecchio non possono stare insieme; noi abbiamo fatto il papato, noi dobbiamo trasformarlo; e se l’Italia non si spapa e non si trasforma in religione, ella non ha ragion d’essere»[21].
Lo Stato italiano è stato pensato, ideato, “costruito” e realizzato dalla massoneria per i suoi scopi, e per questi scopi da 150 è da essa, direttamente o indirettamente, governato, a seconda delle circostanze storiche. Riprova ultima e inconfutabile di quanto detto è l’attuale situazione spirituale, politica, civile ed economica degli italiani e il dissolvimento in atto dello stesso Stato nazionale in un’entità mondialista ben più anticattolica, ennesimo passo avanti della distruzione della civiltà umana e della Chiesa.